Attore: Eugenio Allegri

Regia: Gabriele Vacis

Teatro Pime, Milano, 30 novembre 2018

America, un sogno, una terra, il jazz.

Queste sono solo alcune delle parole che mi giungono alla mente dopo aver visto lo spettacolo di Gabriele Vacis, portato al Teatro Pime di Milano nell’unica data del 30 novembre 2018.

Aver avuto la possibilità di vedere uno spettacolo storico come questo è stata una fortuna: dopo anni che cercavo di vederlo, l’occasione si è presentata all’improvviso. Un ringraziamento va in primis a Radio Statale, grazie a cui la sottoscritta, per conto del programma “Così è la radio (se vi pare)”, ha potuto prendere parte a questo evento. Perché il teatro è proprio un evento: unico e irripetibile. Un secondo sentito ringraziamento va al Teatro Pime, che ha aperto le sue porte a Radio Statale.

Lo spettacolo si apre con il racconto del protagonista, che parlando in prima persona introduce la nave da crociera “Virginia”, la banda jazz di cui fa parte e il ritrovamento inaspettato di un bambino. Una creatura comparsa dal nulla sul pianoforte della sala da ballo dell’alta borghesia, lasciata incustodita dentro una scatola con su scritto: T. D. Lemon.

Danny Goodman, l’uomo che trova il pargoletto, ne diventa presto il papà, assumendosi il compito di crescerlo. Nonostante le avversità, Danny Goodman T. D. Lemon Novecento (questo il nome completo del bambino) cresce e si fa uomo a bordo del Virginia, sviluppando un talento innato per il pianoforte. La musica lo porta da un’altra parte, dice il protagonista, e Novecento suona dimenticandosi le dita, che vanno da sole.

<<Prima che Novecento suonasse il piano, non esisteva nulla del genere. Dopo che Novecento aveva smesso di suonare, non sarebbe esistito nient’altro di simile.>>

Novecento, senza saperlo, suonava il Jazz. Baricco al riguardo è preciso: quando non sai cosa tu stia suonando, allora stai suonando il jazz. E allora Novecento suona, incanta tutti a bordo, affronta un musicista rivale, scopre le donne e l’amarezza di perdere un amico. Scopre che quello che ha sempre sognato, in realtà, non lo desidera affatto. Cosicché ogni cosa vissuta, per Novecento, assume un significato universale: “amando una donna, le amai tutte. Trovando un amico, conobbi tutti gli uomini”.

Allegri mostra una grande consapevolezza sulla scena, prendendo il pubblico per mano e trascinandolo con sé nel turbine degli eventi. Il ritmo incalzante non lascia spazio a divagazioni e il particolare utilizzo del tono acuto sorprende spesso lo spettatore, a volte anche stordendolo.

Un sapiente uso del telo, unico elemento scenografico ad eccezione di un piccolo pianoforte appeso al soffitto, sostiene la narrazione, creando interessanti giochi di luce e interazioni con l’attore.

Inoltre…

Dopo lo spettacolo Allegri, che si è dimostrato fin da subito aperto e cordiale, ha permesso agli interessati di raggiungerlo nel camerino dietro le quinte per salutarlo e parlarci. Colta l’occasione ho posto alcune domande al diretto interessato.

Com’è portare avanti uno spettacolo da così tanti anni (ben 25) per l’Italia e fuori?

Lo spettacolo ha una sua forza innata, che non si perde con il tempo. Ogni replica è diversa, perché il pubblico è diverso. È da lui che traggo la forza: sento subito se il pubblico è con me.

C’è differenza tra il pubblico italiano e il pubblico estero?

Sono rimasto molto sorpreso dal pubblico estero, perché me li aspettavo freddi e invece sono rimasto piacevolmente stupito dal loro calore, in particolare dal pubblico londinese.

Questo testo è stato scritto da Baricco appositamente per lei. Cosa ci dice al riguardo?

Novecento è stato un regalo che Baricco mi ha fatto. Aveva appena concluso Oceano Mare e volle scrivere qualcosa per me cavalcando lo stesso stile. Un grande regalo per me e Vacis.

Insomma, un monologo che consiglio di vedere!

Un saluto a tutti!

Giulia Mancigotti

Così è la radio (se vi pare)