Laura Curino torna in scena con il suo Passione.
L’attrice ha recitato a Milano, al Teatro Pime, il 21 dicembre 2018.

Intervista a Laura Curino

a cura di: Così è la radio (se vi pare)

Programma di:  RadioStatale

Riguardo uno spettacolo teatrale presso:

Teatro PIME, Milano

Direzione artistica della stagione:

Pianoinbilico Compagnia Teatrale

Quando la contattiamo, Laura Curino è in treno. Non sappiamo dove sia diretta, ma sappiamo che sicuramente stasera sarà a Milano, ancora una volta in scena con Passione. Un racconto in cui protagoniste sono le donne, in una città della periferia torinese degli anni 60. Al centro c’è la storia di una ragazzina e della nascita della sua passione per il teatro. Quella ragazzina è Laura Curino e la storia è la sua.

Si dice spesso che avere una passione può salvare dalla paura di restare “nel nulla”, “tra gli altri come gli altri”. Capire la propria strada e seguirla, può salvare. Questo non è semplice, fa paura e richiede coraggio. Lei ha deciso di raccontare com’è nata la sua di vocazione, la sua passione per la recitazione. Sembra un racconto sempre attuale, sembra parlare a molti, a tutti. All’inizio quale ragione l’ha spinta a condividere con il pubblico questa storia, che poi è la sua storia, e cosa, ancora dopo quindici anni dal debutto, la spinge a portarla in scena?
Volevo raccontare una storia che mi toccasse molto da vicino, quella dell’emigrazione degli anni 60 che per quel che mi riguarda si è realizzata nel 1966. Volevo raccontare della molteplicità di persone che ho incontrato e che mi hanno fatto digerire un difficile spostamento dal centro di Torino a una periferia senza contorni, senza servizi, senza anima. Riprendo lo spettacolo come faccio sempre con tutti i miei lavori, perché mi sembra uno spreco non tenere gli spettacoli in repertorio. Anche perché le ondi di migrazione non si sono più fermate ad allora e quindi credo di avere qualche affinità con altre ragazzine che in questo momento si trovano da qualche parte del mondo, spaesate, isolate, lontane da ciò che chiamavano casa.

Dopo spettacoli di successo internazionale come Stabat Mater e La storia di Romeo e Giulietta, cosa si prova a tornare in scena con Passione? In un suo articolo Nadia Somma ha giustamente denunciato come, nello studio e nel ricordo del nostro passato, le donne siano spesso condannate all’oblio. Con questo spettacolo lei invece le riporta dove hanno diritto di stare: sul palcoscenico della Storia a raccontare il loro vissuto. Da dove nascono le figure femminili che metterà in scena con Passione?
Tornare in scena con Passione è sempre emozionante. Al di là dell‘indubbia difficoltà dello spettacolo che mi fa passare da un personaggio all’altro con ritmi molto sostenuti, mi diverto, mi diverto sempre a portare in scena queste donne. Sono figure che derivano o da una mia conoscenza diretta e personale, o, più spesso, da fonti letterarie, dalla costruzione di spettacoli precedenti o da fonti popolari, fonti dello spettacolo, in questo caso, religioso-popolare. Almeno una di queste figure viene proprio dalla passione popolare del 300. Gli altri personaggi sono comici, divertenti.

La sua narrazione parte dalla periferia torinese degli anni Sessanta, un periodo cruciale per la storia non solo di Torino ma anche italiana. A suo avviso, qual è l’eredità di maggior rilievo che gli anni del boom economico hanno lasciato alla sua città?
Il lascito di maggior rilievo di quegli anni a Settimo Torinese è il “melting pot” di persone. La vivacità e la forza che hanno dato queste persone arrivate da tutta Italia a questa piccola città. Settimo Torinese aveva 10.000 abitanti nel 1950, solo dieci anni dopo ne contava 30.000 e oggi è arrivata a 50.000. È stata la forza, l’energia e certo il boom economico ha contribuito a creare ricchezza. Oggi quella ricchezza e l’energia di questo luogo han fatto sì che sia arrivato alla provocazione di proporsi come capitale della cultura 2019. L’energia irriverente di questo posto è di una periferia urbana dove si vive bene, dove non abbiamo nessun senso di inferiorità con il mondo. Ecco la forza di un luogo così, viene proprio dal fatto che in quegli anni tante persone diverse si siano insediate lì, tante associazioni e gruppi abbiano incominciato a lavorare in maniera capace e anche un po’ scanzonata sui temi della contemporaneità e abbiano poi trasformato tutto questo in vita migliore per tutti.

Leggiamo che è uno spettacolo di Laura Curino, Roberto Tarasco e Gabriele Vacis. Com’è nata la vostra collaborazione e per quale motivo ha deciso di condividere questo racconto proprio con loro?
È un racconto scritto da me, rigorosamente da me, con però la collaborazione meravigliosa alla messa in scena di altre 5 persone. Noi abbiamo cominciato a lavorare insieme da ragazzini, avevamo 14 anni. Questo legame è diventato professione molti anni dopo e anche adesso che la compagnia non c’è più… quel legame è rimasto forte e potente! Il legame conta di più delle relazioni professionali. All’epoca facevamo tutto tutti insieme, ognuno la sua parte, ed era estremamente divertente!