di Simone Santini

per Così è la radio (se vi pare)

Circe ha una spiaggia, e la sua spiaggia è ingombra di rifiuti. Rifiuti materiali, macilenti e deformi, ammassati come in una discarica. Rifiuti umani, derelitti segnati dal mare e approdati sull’isola portati dal vento, sopravvissuti capaci solo di rispondere alla violenza che hanno subito con altra violenza. E così fanno, tutte le volte allo stesso modo: Circe l’ospite, Circe la vittima, Circe la carnefice. Circe la maga in grado di rivelare ciò che gli uomini realmente sono. Il più delle volte, bestie schifose e ripugnanti. Così nei giorni, negli anni, nei secoli, con la sola compagnia di una figura nuda e muta come un statua antica che si esprime solo con oracoli di musicassette, forse un dea, forse un mostro, forse soltanto uno spettro. Così nei giorni, negli anni, nei secoli, finché un uomo non giunge dalla maga per reclamare i compagni. Un uomo che come volto si è scelto migliaia di maschere. Standing ovation per l’atmosfera alla Blade Runner creata da Matteo Tarasco (regia, luci e scenografia), alle musiche originali di Claudio Bagnato e alla presenza scenica sottilmente inquietante di Federica D’Angelo e ovviamente per l’indiscussa regina di questa visione omerica pervasa di un cupo disfacimentoTeresa Timpano, che ci regala una Circe straordinaria con la sua interpretazione da capolavoro di una tragedia troppo dolorosa perché non venga cantata finché le generazioni avranno fiato, finché gli uomini avranno vita.