Di una, dodicesima notte
Intervista a Silvia Giulia Mendola, regista e attrice in La dodicesima notte, in scena al Teatro PIME di Milano Sabato 23 Marzo 2019
A cura di Così è la radio (se vi pare)
in diretta sul web da Milano ogni Martedì alle 17
un programma di Radio Statale
La dodicesima notte è un testo molto amato di Shakespeare, secondo lei da cosa deriva tanto successo?
Sicuramente “La dodicesima notte” è un testo da noi molto amato, ma in realtà non è stata così tanto messa in scena nei teatri italiani, anzi è uno di quei drammi shakespeariani che vengono rappresentati di meno, visto che di solito si fa “Molto rumore per nulla”, “Sogno di una notte di mezza estate”… e per contro, “La dodicesima notte” si porta sul palcoscenico molto raramente. Essendo stata scritta subito dopo l’ “Amleto”, oltre al tono da commedia che sicuramente è il tono principale presente, conserva anche delle atmosfere più cupe, ed è forse per questo che è stata meno fatta. Ma quando viene fatta, se fatta bene, riscuote sicuramente un grande successo perché ha la perfezione della commedia di Shakespeare, un’ ampia riflessione sul linguaggio ma anche quei toni cupi che derivano dal fatto, appunto, che è stata scritta subito dopo l’ “Amleto”, e questo secondo me fa il suo successo.
Sappiamo che nella realizzazione del vostro spettacolo “viene meno la quarta parete”, trattandosi di uno spettacolo che non andrà in scena solo davanti al pubblico ma anche in mezzo ad esso. Più precisamente, cosa si intende con questa sorta di “fusione” della scena tra palco e platea? Quale ragione vi ha spinto a pensare la messa in scena con queste modalità e quali sono le possibilità ulteriori che una simile realizzazione può offrire a un testo classico come quello di Shakespeare che voi rappresentate?
In realtà, tutto quello che abbiamo fatto con lo spettacolo è una scelta che rispecchia lo spirito della commedia shakespeariana, che è uno spirito inclusivo e non esclusivo. Così era allora: il coinvolgimento del pubblico era molto vivo, spesso al Globe c’era addirittura una passerella per gli attori che stavano proprio in mezzo al pubblico, quindi abbiamo pensato di riproporre quest’aspetto, non di stare con una distanza ma di ridare quella che era la natura di quest’opera. Inoltre, ciò rende il pubblico estremamente partecipe, visto che vedere l’attore a due centimetri da te è sempre qualcosa che “muove” il pubblico, che crea un’emozione.
Dal grande adattamento cinematografico di Trevor Nunn al decisamente più pop “She is the man”… non si può certo dire che i registi contemporanei siano stati restii ad interpretare questo dramma shakespeariano! A cosa vi ispirate per la vostra rappresentazione?
Sicuramente Shakespeare è stato affrontato da più registi, ricordo il “Romeo+Giulietta” di Baz Luhrmann, che secondo me è stata una delle operazioni più riuscite dello spostamento del Bardo ai nostri giorni. Diciamo che non ci siamo tanto inspirati ad un’opera altrui quanto ci siamo chiesti quello che volevamo rappresentare noi con questa commedia. Noi abbiamo deciso di porre l’accento sull’amore, l’amore tra persone e in tutte le sue forme, “l’amore che è così multiforme che solo lui sa fantasticare”, come direbbe il duca Orsino all’inizio della commedia. L’amore tra persone, nel senso che ci si innamora in questo testo: donne si innamorano di donne che sono uomini e uomini di uomini senza sapere che sono in realtà sono donne, ci si innamora attraverso il potere ma anche partendo da condizioni sociali diverse. In tutto questo io e la drammaturga Livia Castiglioni, con cui ho lavorato sul testo, abbiamo cercato di mettere il fuoco di una forte sensualità.